La fienagione: prima, quando i trattori erano ancora un miraggio
L’estate per noi significa fieno, fieno e ancora fieno. Si smettono gli sci e si preparano trattori, falciatrici, girelli, giostre, autocaricanti e, soprattutto, rastrelli!
Spesso i nonni amano ripeterci “no l’è pù el laurar da’n bot” (non è più il lavorare di una volta) e quando parlano delle loro estati tra il fieno è facile capirne il motivo.
Ora, armati di falciatrice e trattori vari con rotante, girelli, giostre e autocaricanti, in men che non si dica si riempie il fienile. Poche ore ed ettari vengono falciati e raccolti, talvolta, in fretta, prima che “venia l’aca” (prima che piova). Si finisce poco prima dell’imbrunire, in tempo per la mungitura serale.
Sono cambiati i tempi! Oggi si corre, si fatica in un altro modo rispetto ai tempi dei nostri nonni. Allora si faticava di una fatica fisica.
Alle 4 di mattina, era la sveglia. A piedi, via nel prato per iniziare a falciare. Falciatrice? No... fauz (falce), sudore e tanta fatica. Pochi erano quelli bravi, che riuscivano a non far troppa fatica. Nonno dice che questi, mentre falciavano, li si sentiva a un chilometro. Bravi perchè riuscivano a filarla e baterla bene. “En cater bravi i sbarbava mezi paludi par mez’dì” (In quattro falciavano a mano un prato di ...). Oggi il fieno sui Paludi si taglia in 15 minuti.
Nonna ricorda con nostalgia la domenica poco prima della mungitura serale. Quando i contadini “i bateva la fauz” (battere la falce con un martello) per prepararsi per la mattina seguente. Era un concerto fatto di note che si diffondevano per le strade del paese, create dai martelli che battevano la falce posata sulla plantola.
Appena tagliato, il fieno si voltava a mano per farlo ben seccare al sole. C’era chi scherzava sul fatto che quelli di Tregiovo voltavano il fieno ancor prima che riuscisse a seccarsi su un lato. E si voltava ancora e ancora più volte.
Il più piccolo della famiglia era incaricato di portare la colazione, merenda di metà mattina e pomeriggio nel prato, naturalmente a piedi; pranzo solo se si era lontani e quindi non si tornava a casa per pranzare. E cosa si mangiava? La nostra famiglia portava un secchio (sì, un secchio) di caffè latte dove tutti immergevano il pane e bevevano. A metà mattina si preferivano invece omelette e formaggio.
E per portare a casa il fieno? Lenzuolo, fieno al suo interno e su, sulla schiena per portarlo a casa, dove si saliva fino in soffitta per depositarlo. Talvolta le lenzuola di fieno si caricavano sul carro trainato da vacche, ma in molte situazioni si preferiva portarlo sulla schiena “per la bria a taciar enter le vace” (per il disturbo e il tempo che si impiegava per attaccare il carro alle vacche).
E’ passata una vita, quella dei nonni, da allora e la fienagione è radicalmente cambiata. La fauz oggi in rarissimi casi si usa, più per giocare e vedere se si ricorda come si usa che per necessità. Solo il rastrello rimane fedele a se stesso e non sembra volerci abbandonare
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